Maya Angelou

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All’età di cinque anni, la piccola Maya venne stuprata dal compagno di sua madre. La bambina raccontò di quella violenza al fratello e il giorno dopo l’uomo venne arrestato, per essere poi rilasciato dopo solo ventiquattro ore. Appena fuori, venne subito picchiato a morte.
Maya non parlò per i successivi cinque anni: «Pensai di aver causato io la sua morte perché avevo fatto il suo nome alla mia famiglia», scrisse nel 2013 in “Mom & Me & Mom”, «decisi che la mia voce era così potente che poteva uccidere le persone».
Maya Angelou (1928-2014) è stata molte donne nella sua vita: spogliarellista, prostituta, compositrice, ballerina, cameriera, cuoca, mezzana, giornalista in Egitto, insegnante in Ghana. Fu anche la prima conduttrice afroamericana a guidare la funicolare di San Francisco.
Ma fu soprattutto, attraverso la sua scrittura, forgiatrice di parole potenti che celebrano il corpo, la sensualità, la libertà di essere. E la sorellanza, come nella citazione che abbiamo scelto oggi.
Due anni prima di morire disse, in un’intervista al Time, «Probabilmente starò scrivendo quando il Signore dirà “Maya, Maya Angelou, è ora”».
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