Judith Butler è una filosofa statunitense, massima esperta delle teorie, tra le altre, di Arendt, Beauvoir e Kristeva. Nel 1990 ha pubblicato il saggio “Gender trouble”, in cui ha messo in discussione la naturalità dell’identità di genere, affermandosi come una delle maggiori esponenti della teoria queer.
Il suo pensiero è stato fondamentale per il dibattito sulle tematiche d igenere, identità e linguaggio, tanto che viene citata da Emer O’Toole in “Girls will be girls” riguardo al concetto, da lei teorizzato, di performatività:
«Il termine performatività significa che interpretiamo le nostre identità ripetendo azioni e comportamenti nel tempo. Per Butler, il genere non è espresso attraverso le azioni ma creato attraverso le azioni. E […] ritiene che la rapidità con cui la società condanna le persone che non rappresentano in modo corretto il proprio genere, sia la prova del fatto che, in qualche modo, la gente sia consapevole che il genere è un costrutto sociale, piuttosto che naturale».
Anche in “Lady Cinema” viene riportata la teoria di Butler in relazione alla più corretta rappresentazione femminile dei personaggi, rispetto al cinema classico:
«Butler presenta un’idea di donna che non è affatto universale bensì determinata dalla classe sociale, dall’etnia e dalla sessualità, così come il patriarcato non è una categoria universale, ma si è strutturato in forme e in luoghi storicamente differenti, esercitando in modi diversi l’oppressione sulle donne».
“Girls will be girls. Travestirsi, interpretare ruoli e cambiare le regole” sarà disponibile in libreria e nelle principali librerie online dal 7 luglio e da subito, per il pre-ordine nella sezione dei libri.
“Lady Cinema. Guida pratica per attivare le tue lenti femministe” uscirà il 21 luglio.